Parafrasi del brano Penelope | Libro I vv. 325 364
Il rinomato vate cantava tra di loro, mentre essi sedevano ascoltando con attenzione. Narrava il tragico ritorno dei Greci, che Atena Pallade impose loro da Troia.
La figlia di Icario, l’ avveduta Penelope, ne udì il carme commosso: calò dall’ alta scala della sua camera, non da sola, ma con due serve.
Appena giunse dai pretendenti, splendente tra le donne, sostò vicino a un pilastro del robusto tetto, posando il lucido scialle sopra le guance: da ogni lato le era accanto una fida ancella.
Singhiozzando si rivolse al sacro aedo
O’ Femio , tu sei al corrente di numerose imprese di uomini e dei, che estasiano gli uomini, decantate dagli aedi: decantane una, seduto tra loro, mentre essi in quiete tracannano il vino; però interrompi la narrazione di questo componimento funesto: mi strema il cuore in petto, poiché l’ atroce dolore mi colpì per tanto tempo.
Infatti desidero ricordare per sempre tale persona come un uomo, di cui il buon nome è rinomato tra l’ Ellade e Argo.
Allora Telemaco le rispose con il buon senso:
Madre mia, perché impedisci al fido cantore di dilettarci come la psiche lo guida?
Gli aedi non sono responsabili della mala sorte degli Achei, bensì lo è Zeus, che conferisce a ciascuno dei mortali che si nutrono di pane il destino che desidera.
Femio non va redarguito se canta l’ infausto destino dei Greci: gli uomini plaudono di più quel componimento, siccome appare più nuovo al pubblico.
Sostieni la sofferenza del cuore e dell’ animo: non solo Odisseo ma molti altri come lui videro svanire il giorno del ritorno da Troia.
Ordunque, va nella tua camera, occupati dei tuoi impegni: il telaio e la conocchia, ordina alle ancelle di dedicarsi al lavoro: adesso i discorsi spetteranno agli uomini, a tutti ed in primo luogo a me, il detentore del potere nella nostra dimora.
Lei era rientrata, sbigottita, nella sua camera: aveva introdotto i saggi ragionamenti del figlio nella sua coscienza.
Salita in camera con le ancelle versò lacrime per il marito Odisseo, finché Atena dallo sguardo di civetta le calò un soave sonno sugli occhi.
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